2022-09-20T11:15:22+01:0029.03.2021|

Inchiostro e BitInchiostro e Bit

29.03.2021

NFT. Trarre valore dall’intangibile.

Investire sull’immateriale.

Ultima frontiera della blockchain.

La cultura è sempre più digitale.

I non fungible token, NFT, sono l’ultima frontiera della blockchain, un universo in rapida espansione scandito recentemente da clamorose vendite di oggetti virtuali a fronte di cifre milionarie. Tradotto, è un certificato digitale distribuito in tecnologia blockchain che attesta al contempo l’autenticità, l’originalità, l’unicità della proprietà di un asset immateriale.

Particolarità della tecnologia blockchain è la capacità di poter conferire a un asset digitale, per sua natura passibile di innumerevoli copie, il requisito della scarsità e dell’unicità della risorsa, in quanto capace di conservarne il diritto di proprietà. Ciò grazie al meccanismo degli smart contract, transazioni registrate temporalmente e conservate all’interno di registri distribuiti in maniera sicura, immutabile e al riparo da tentativi di contraffazione. Ai suoi albori, questa caratteristica della blockchain ha permesso lo sviluppo delle criptovalute, proteggendo le cripto-monete dal cosiddetto double spending, ovvero la possibilità che la risorsa virtuale venisse replicata e svalutata. Il mondo dell’arte ha quindi colto tra i primi il potenziale offerto da questo meccanismo di certificazione dell’unicità di un’istanza immateriale, concretizzando la possibilità di possedere in maniera certificabile un’opera d’arte digitale.

Christie’s è stata un pioniere, arrivando in tempi recenti ad aggiudicare in asta un’opera di Beeple, nome d’arte dell’artista digitale Mike Winkelmann, per la straordinaria cifra di 69,3 milioni di dollari. Surclassando la base d’asta che partiva da 100 dollari. Illuminante riguardo le potenzialità dei non fungible token è poi la vendita del primo ‘tweet’ con cui Jack Dorsey, creatore di Twitter, inaugurava nel 2006 la sua creatura. Il suo primo “cinguettio”, che allora recitava ‘just setting up my twttr’, è stato venduto per 2,9 milioni di dollari.

Lecito chiedersi allora chi possa essere disposto a spendere – senza per forza giungere alle somme eclatanti di cui sopra – per assicurarsi la possibilità di documentare la proprietà univoca di asset digitali e immateriali, che di per sé chiunque potrebbe scaricare sul proprio PC mediante un semplice copia-incolla.
La ragione è che la dimensione assiologica che afferisce ai non fungible token condivide con l’opera d’arte la natura e la consistenza labile del loro aver valore, legato alla capacità di alimentare l’interesse di qualcuno che trasfigura magicamente l’asset digitale in un collectible.

Questo apre a brand e aziende un mondo di opportunità, poiché il meccanismo degli NFT consente di trasmutare in potenziali collectibles il capitale intangibile di un marchio o di una attività. Sta alle aziende trovare la formula più appetibile, ma di fatto tutto ciò che può essere digitalizzato può divenire oggetto di un NFT: immagini, GIF, meme, audio, musica, video, persino post che, come nel caso del creatore di Twitter, sanciscono un evento di portata in qualche modo storica.

Molti sono i brand che hanno già cominciato a esplorare il cosmo di opportunità offerta dai non fungible token, declinando la loro offerta di asset intangibili a speciali target di pubblico. La NBA americana ad oggi ha già realizzato qualcosa come 330 milioni di dollari vendendo a fan e appassionati brevi clip delle azioni più emozionanti dei giocatori. Nike ha creato i CryptoKick token, certificati digitali unici di autenticità associati a sneaker in edizione limitata, mirati alla nutrita community degli sneakerhead, gli appassionati di sneaker. Gucci e altri brand nel fashion hanno scelto invece di rivolgersi al grande mondo del gaming, offrendo NFT per accessori e capi di abbigliamento esclusivi con cui vestire gli avatar virtuali dei giocatori.

In campo musicale, i Kings of Leon hanno invece distribuito il loro ultimo album associandovi tre tipologie di token con asset esclusivi, che sconfinano e si diramano fin nel mondo fisico, offrendo al possessore la possibilità di accedere a posti in prima fila ai concerti della band a vita.

Con il crescere del mercato degli NFT, oggi il numero dei marketplace dedicati va moltiplicandosi. La piattaforma principe per crypto trading è stata la blockchain Ethereum, creata nel 2015 e che con lo standard aperto ERC – 721 ha consentito l’implementazione di NFT. In Ethereum sul finire del 2017 è sorto il fenomeno CryptoKitties, gioco online in cui dei gattini virtuali possono essere acquistati, allevati e fatti accoppiare, scambiati e rivenduti. In poco più di due mesi dalla nascita, i gattini virtuali avevano fruttato un giro d’affari di circa 19,6 milioni di dollari, muovendo un quarto del traffico totale su Ethereum. Oggi tra i marketplace più noti vi sono piattaforme come OpenSea, Rarible, SuperRare e Foundation, per citarne solo alcune, che si distinguono in genere per la tipologia di asset trattato e per essere più o meno aperte o selettive, sia in termini di utenti che possono accedervi sia di contenuti digitali ammessi alle transazioni (fonte: https://influencermarketinghub.com/nft-marketplaces/).

Attenzione quindi alle criticità. In primis, un NFT deve risiedere su una piattaforma blockchain solida, stabile e popolata, requisito fondamentale per la consistenza e la sussistenza del certificato. Da considerare anche il tema della sostenibilità della tecnologia alla base, che porta con sé un problema di grandi consumi energetici. Ogni transazione in blockchain ha un costo che si riflette sulla rete distribuita. Una piattaforma può essere gratuita ma prevede costi per le attività di scrittura di ogni azione, incluse le offerte, che non necessariamente si trasformano in vendita.

Inoltre, se è vero che il Ledger, o registro distribuito della rete di nodi di autenticazione delle transazioni, garantisce l’autenticità e la non contraffazione delle transazioni in sé, la tecnologia non è però in grado di verificare l’affidabilità delle informazioni immesse e oggetto della transazione. Ergo, nulla per ora sembra garantire che l’opera o l’asset digitale coperto da NFT non possa essere venduto altre volte tramite altrettanti gettoni digitali.

Ai brand, infine, l’invito a esplorare il libero spazio di opportunità aperto dai non fungible token, avendo cura di scegliere o ideare il tipo di asset digitale, la piattaforma su cui collocarlo e il target più adatto cui rivolgersi. Ink è pronta ad accompagnare i clienti in questa avventura, avvalendosi di studi legali digitali competenti nella specifica materia, per assicurare la giusta strategia, convenienza, durabilità nel tempo dell’investimento, inclusa la valutazione dei rischi.

Gli NFT hanno la capacità di alimentare l’interesse di qualcuno che trasfigura magicamente l’asset digitale in un collectible

I brand possono trasmutare in potenziali collectibles il capitale intangibile di un marchio o di una attività.

Qui un approfondimento sui Non Fungible Token

Post correlati